Recensioni

Matteo Lo Greco Scultore: “Maria Grazia, me la ricordo da bambina, quasi adolescente, che recitava le sue poesie, scritte con forte passione emotiva. Sapevo e credevo che la sua gioia per la poesia, prima o poi, avrebbe dato i suoi frutti.

Non mi ero sbagliato: è approdata all’arte della pittura. Nell’arte ogni sforzo di visibile interpretazione è un’impresa difficile se non impossibile.

E i quadri di Maria Grazia sono labirinti invisibili, labirinti dell’anima mai confessati, espressioni immacolate di purezza solare: una produzione artistica che viene da lontano di lunga meditazione.

L’arte appartiene al caso più che alla ragione, ed è stato un caso, per me, scoprire l’enorme potenzialità di Maria Grazia.

L’artista esprime la sua libertà, la verità, che non è un vagare nel vuoto, come gli effetti speciali di una macchina fotografica digitale, ma è qualcosa di costruito e lei la costruisce meticolosamente con estrema

precisione. La sua libertà risiede, quindi, nelle sue opere in un incontro consapevole, senza aporie, tra il labirinto puro e la bellezza classica del divenire occidentale”.

LA DOLCEZZA BULGARA DI DESISLAVA

[Diego Romeo] Era l’otto marzo del 2009 una serata tutta al femminile nel grande salone del Monastero di Santo Spirito.

Le tele di Desislava erano lì in bella mostra e balzavano subito all’attenzione per la spettacolarità dei colori che divampavano sulla tela frenati da una compostezza geometrica molto inusuale dalle nostre parti.

 

Figure con la severità delle madonne, delle icone russe o delle maschere i delle danze tribali. Il tutto raccolto in una ispirazione poco mediterranea e molto slava e da dove veniva fuori un dna balcanico di grande decoro formale, fortemente ancorato al carattere metafisico delle regole pittoriche trasmesse tra i monaci di rito ortodosso.

Ci volle poco a scoprire che Desislava aveva una madre bulgara e un padre siciliano. Ci disse in quell’occasione che la sua ispirazione era la “lazarka” personaggio della antica mitologia slava colta nei passaggi cromatici e nelle fantasie del costume folclorico. Compresi che “Lazarka”, forse, era più fortunata della nostra Persefone ma sempre mitica e leggendaria per cullare i sogni di popoli fanciulleschi che scrivono la loro storia su malleabili papiri e i loro versi su degradabili tovaglioli di carta. Vedo che prosegui ancora con i tuoi personaggi di fiaba sospesi tra arte e leggenda. Rappresentano ancora la tua fonte d’ispirazione?

[Desislava] “Sì, continuano a rappresentare la mia fonte d’ispirazione poiché sono il frutto di una lunga meditazione che giunge da lontano, con presenze slava nei decori e nei soggetti, ipnotiche e solenni configurazioni pittoriche di una “lazarka” o delle tante lazarke, come l’enigmatica espressione sul volto senza volto delle muse ispiratrici, custodi imperiture di sovrumana bellezza, fascino e splendore. Così come il lento e pesante ondeggiare della danza dei “Kuker”(personaggi Traci nati per scacciare gli spiriti maligni), che con il suono arcaico dei campanacci di ramerei riporta all’era dei “traci”, in una realtà così lontana ma sempre mitica e leggendaria.

O ancora il “gallo slavo” simbolo di opulenza e ricchezza, protagonista delle feste nei riti dei Desislava Gambino matrimoni balcanici. Accanto a questi personaggi da fiaba ho elaborato nuovi soggetti tra i quali gli “astratti” e la “danseuse classica”.

Gli astratti sono un complesso schema raffigurativo dove vi è un intricato miscuglio di colori, che diventa l’anima ed il volto di una festa (la festa di tutte le feste) vissuta o solo pensata, che importa è l’emozione che conta. Mentre la fragile ed eterea bellezza della “danseuse classica robotica” che dietro al geometrismo estremo delle forme, rivela una grazia ed una leggerezza unica, come se dalle sue vesti velate e ventose, si propagasse nell’aria una musica inudibile, dalle noti musicali scritte su una partitura invisibile su cui esegue la sua danza”.

Da quando parecchi anni fa mi sono occupato della tua mostra, sei stata ospite di altre gallerie in Italia o all’estero?

[Desislava] “Sono stata invitata ad esporre a Venezia presso i “magazzini del sale “alla mostra avente come oggetto terra, fioco e plastica, svoltasi nel luglio-agosto del 2008, ed ancora a Venezia presso il prestigioso museo nazionale “C’Pesaro”, avente per oggetto “Parlare, paradossi del silenzio” – 2009-2010; Nella nostra provincia, al Castello Chiaramontano di Racalmuto – luglio 2009

stata ospite presso la Galleria Lo Greco (Venezia) nel dicembre 2008-febbraio 2009. Ho partecipato ad una collettiva a Berlino, presso la galleria “Forum Factorj”, organizzata dall’associazione culturale “ricercArte” dal titolo “Interazioni” dal 25 Ottobre 2011 al 1° Novembre 2011. Infine a diverse “Mostre Mercato “, riscuotendo notevoli interessi di pubblico e critica”.

Oltre a dipingere vedo che ti sei cimentata in campo letterario: più prosa o più poesia?

[Desislava] “E’ vero, scrivere per me è sempre stato una valvola di emozione e di sfogo. Scrivere, per me, è come vivere due volte, mi emoziona tantissimo, mi diletto con la prosa poetica ed anche con la poesia. Ho scritto anche diverse recensioni per artisti, nel campo della critica d’arte, che ho avuto modo di conoscere alle mostre alle quali ho partecipato ed anche per alcuni su commissione. Alcuni miei scritti letterari sono stati tradotti in tedesco e presentati e letti in un ” salone letterario” di Berlino”.

Di quali persone e cose t’innamori e che però sono capaci di segnare un momento di tua emozione creativa?

“L’emozione creativa è un qualcosa che mi corrode dentro, non posso dimenticare le persone e le cose che ho osservato e conosciuto nei luoghi della mia infanzia, in Bulgaria, esattamente a Karlovo nella Valle delle Rose. In tale periodo sono rimasta fortemente influenzata dalle fiabe che mi vennero narrate e dalle decorazioni della tradizione tracio-slava, dai coloro vivaci e tipici dell’arte bizantina, di cui ne conserverò, sempre, un forte legame e ricordo. Il mio mondo interiore è un mondo molto positivo, di emozioni prue, ai sentimenti fortissimi, specie quando mi innamoro di una persona o di una cosa. Sono momenti vissuti con grande intensità che spingono ad una profonda pulsazione creativa, senza dover rincorrere falsi fantasmi, mi aggrappo all’emozione più vera ed autentica della vita, la creatività allo stato puro, che sempre mi perseguita e mi possiede: Ecco il mio mondo interiore, ecco la mia vena d’artista. La scrittura come la pittura non sono altro che le due facce di una stessa moneta, entrambe mi scuotono nel profondo, ecco perché le vivo con tutta me stessa, e lì che dorme nel mio subconscio l’essenza della mia arte: l’allegria, i sogni notturni, lo stupore per le novità, la musica che trasformo in poesia o in pittura, perfino nei momenti difficili della vita come la “fenice” che risorge dalle sue stesse ceneri”.

Francesco Gallo:  Dire che pittura e disegno, ma anche scultura e architettura, possono esistere solo per virtù manuale o costruttiva, e una palese cecità e ignoranza della storia e dell’attualità dell’arte, che per esistere ha bisogno di salde radici teoriche, di conoscenza, senza di cui non c’è altro che una continua ripetizione, a volte, bella da vedere, a volte (e più spesso) banale estrinsecazione di folclore.

La pittura e le arti visive vivono di pensiero, che è un insieme intrigato di immagini, di parole, di suoni, di tanto pensiero razionale ed emotivo, apollineo e dionisiaco, che si devono pero tradurre in immagini, in cui tutta una narrazione si deve trasformare in modo significativo, che non deve vivere net primato della parola, perché altri-menti non sarebbe che poesia mal riuscita e prosa retorica: o la traduzione e totale oppure e nulla.

Appartiene alla cultura meticolosa e sapiente di Desislava Gambino, la gioia che la fa essere elaboratrice fino all’impossibile, con una scesa net particolare, quasi molecolare, senza trascurare nulla, con un fittissimo ricamo che richiede una grande abilita e una notevole pazienza, immergendo la Lazarka (di cui viene trascurato il volto perché essa non ne ha uno, ma cento, mille, tutti quelli a cui rende un servizio magico del benessere e dell’abbondanza, già dalla mitologia delle antiche genti slave) nell’humus cristiano che l’ha accolto e poi nell’odierno eclettismo, che tutto recupera e tutto interpreta, che in lei, net suo operare fiammingo documentano il momento geniale, per eccellenza e per identità.

Ma non le manca neanche la capacita di lavorare al mescolamento dei colori, senza un preciso schema decodificante, perché si presto ad una contemplazione assorbente del colore e del segno e questa direi che è la sua parte libera, la sua energia alto stato puro, che so manifestarsi in modo brioso ed estremamente accattivante.

II rischio di venire imprigionata dalla forza favolistica di questa suo perno elaborativo, viene superato da una notevole capacita creativa, ma anche critica, che le permette di elaborare il tema della danza del Kuker e delle Lazarke, in maniera originalizzante, facendole diventare un momento preciso del suo passaggio alto modernità, senza avere assolutamente rotto con la parte leggendaria della sua cultura, quella della sua ascendenza bulgara, che mantiene accanto alle etimologie e alle genealogie italiane, in speciale psicologia capace di farne sintesi, che poi diventa guizzo visivo.

Lavorare su segmenti e citazioni della tradizione e un’avventura affascinante, in quanta permette di ritagliarsi le forme e i contenuti della propria contemporaneità, che non è mai un’assolutezza temporale, un destino del tutto ineluttabile, ma è libera scelta dello stare o del non stare, per cui non ci sono imposizioni che non siano quelle dello studio e della filologia che poi, altrettanto liberamente, si trasformano in elaborazioni, in variazioni, di cui diventano pretesto, per essere nuovi codici e nuove forme di vita, dotate di un oggi, libero, fecondo.

[Diego Romeo]: Desislava, la novità dell’8 marzo

Fra le tante “melodiose note” dell’altra metà del cielo che si sono avvicendate l’8 marzo scorso nel salone del Museo di Santo Spirito, spiccavano le opere di una pittrice finora sconosciuta al pubblico agrigentino.

Ne vogliamo parlare vista l’ossessiva ripetitività delle opere che le donne-pittrici vanno esponendo ormai da diversi anni tra una mostra, un convegno e una notte bianca. Una ripetitività di espressioni artistico-pittoriche che viene aggravata dalla consuetudine (chissà da dove mutuata) di non firmare “i quadri” e di non apporvi, soprattutto, la data dell’esecuzione.

Pare che oggi faccia più comodo firmare sul retro le opere: quasi un’ingenua accortezza per riciclare impunemente una creatività che langue o per sfuggire al dramma del “quadro” invenduto.

La pittrice che invece merita, a nostro sindacabile parere, una nota informativa, si chiama Desislava Gambino, di madre bulgara e padre ravanusano.

Desislava abita ad Agrigento e al suo attivo annovera diverse mostre in Italia e all’estero.

L’esposizione agrigentina è un esordio ed una novità che, come dicevamo, balza subito all’osservazione per la spettacolarità dei colori che divampano sulla tela, frenati da una compostezza geometrica che ricorda la severità delle ma donne di un Duccio da Boninsegna, le icone russe e le maschere delle danze tribali.

Il tutto raccolto in una ispirazione poco mediterranea e molto slava dove viene fuori un DNA balcanico di grande decoro formale, fortemente ancorato al carattere metafisico delle regole pittori che trasmesse tra i monaci di rito ortodosso.

Potrà farsene un’idea chi ha apprezzato i costumi del gruppo folcloristico bulgaro che ha vinto il recente Tempio D’Oro della Sagra del Mandorlo in fiore. Desislava Gambino ci dice che la sua ispirazione si rifà alla Lazarka, “personaggio dell’antica mitologia slava colta nel momento del rito propiziatorio alla Primavera”.

Il cesto della Lazarka è pieno di frutta ed uova colorate simboleggianti la fertilità e l’armonia in un momento di rinascita e slancio.

Per Desislava, però, e ci tiene a precisarlo, la sua interpretazione è ben diversa, e reinventa Lazarka come un “personaggio di fiaba sospeso tra arte e leggenda”.

In una delle tre tele presentate, Lazarka non ha un volto e le grandi campanule che cingono il suo grembo richiamano i campanacci dei “mamutones” sardi; dirompenti e colorati, che tintinnano dolcemente tra “i passaggi cromatici e le fantasie del costume folclorico”.

Un proverbiale ribollio balcanico che si acqueta nel “mistero assorto di una trasfigurazione pittorica” che racconta come la Lazarka madre abbia, lei sola, un volto. Le altre sono le Lazarke della “notte cupa e del giorno solare; la Lazarka orientale e rustica, quella della primavera e dell’inverno.

“Una figura femminile precisa Dessislava sinuosa ed elegante, che ogni volta rivive in modo diverso come diverse sono le stagioni della vita”.

Lazarka, forse, è più fortunata della nostra Persefone: ma è sempre mitica e leggendaria per cullare i sogni di popoli impenitenti e fanciulleschi che scrivono la loro storia su malleabili papiri e i loro versi su degradabili tovaglioli di carta.

IL MISTERO DELL’ARTE di Desislava Gambino

L’ARTE…. Cos’e l’arte….come definire questo strano mistero, di ricordi, suoni indistinti bagliori, intuizioni, ombreggiature indefinite, impalpabili presenze, grandi sogni, infiniti oblii.

Nella mia arte vi è una lunga meditazione che giunge da lontano, presenze slave nei decori e nei soggetti, ipnotiche e solenni configurazioni pittoriche di una “Lazarka” (o delle tante lazarke) come I’ enigmatica espressione sul volto senza volto delle muse ispiratrici, custodi imperiture di sovrumana bellezza, fascino e splendore. 0 gli “astratti” il cui complesso schema raffigurato è un intricato miscuglio di colori, che diventa I’anima ed il volto di una festa, (di tutte le feste) vissuta o solo pensata, che importa è l’emozione che conta.

O il lento e pesante ondeggiare dei “Kuker” the nella loro danza con il suono arcaico dei loro campanacci di rame ci riporta all’era dei “Traci”, in una realtà così lontana ma sempre mitica e leggendaria.

O il “gallo slavo” simbolo di opulenza e ricchezza, protagonista delle feste nei riti dei “matrimoni balcanici”. O Ia fragile ed eterea bellezza della “danseuse classica-robotica), che dietro al geometrismo estremo delle forme, rivela una grazia ed una leggerezza unica, come se dalle sue vesti velate e ventose, si propagasse nell’aria una musica inudibile, dalle note musicali scritte su una partitura invisibile su cui esegue la sua danza.

Per me I‘arte è qualcosa di estremamente costruito, ed io Ia costruisco meticolosamente con estrema precisione. Varcando una perfezione ricercata ai limiti del possibile, in un lento e certosino lavoro che richiede una grande pazienza ed una certa abilità; in una continua ricerca di una innata armonia e una “scesa” nel particolare quasi molecolare, che in me, nel mio operare fiammingo, documentano Ia ricerca

Di una eccellenza che trae origine dalla memoria dell’infanzia dell’umanità. II mondo da cui tutti veniamo ma in alcuni rimane più impresso che in altri. Come in un racconto di tipo magico di miti e fiabe antiche, da cui ancora oggi traggo soggetti quale fonte D’ispirazione e comunicazione. In un connubio tra Ia bellezza classica del divenire occidentale ed il fascino dei coloro tipici dell’oriente.

La danza di Kuker 

In principio era un personaggio tracio nato per scacciare gli spiriti maligni. Questa mia interpretazione và oltre il recupero del significato della semplice tradizione.

C’è un forte bisogno di fiaba e legenda anche nei nostri giorni e di come spesso il recupero del passato diventi un modo per reinterpretare il presente.

In questo nuovo secolo il fascino dell’antico e del magico sta assumendo una grande importanza e spiega molte volte le scelte del pubblico in determinate fasi storiche.

Così un ‘usanza pagana sopravvissuta dal tempo dei Traci, (come lo erano questi riti arcaici antichissimi) diventa quasi un modo per distaccarci dal nostro vivere quotidiano e immergersi in una dimensione mitica.

Il lento ondeggiare dei pesanti “chan” (campanacci di rame) si contrappone alla fretta e alla frenesia della vita moderna. Ecco perché il passo di danza del ballo fallico (simbolo della semina) potrebbe voler significare un modo per propiziarsi salute e prosperità nel futuro.

Le maschere del Kuker, spaventose ed enormi, coloratissime, sono anche un’allegoria delle nostre stesse paure. Così nel recupero e nella ricerca del fascino del mistero e del non conosciuto ci si può adagiare per dimenticare ciò che realmente incute timore, rispolverando antichi miti e antiche leggende. – Desislava Gambino

RECENSIONE: II mondo della rappresentazione visiva di Desislava Gambino

II mondo della rappresentazione visiva di Desislava Gambino è quello della favola orientale ornato dalla profusione di decorazioni, dagli intrecci di colori e dalle forme che rendono pittorico un immaginario fantastico e lontano nel tempo.

Agrigentina, di origine bulgara, l’artista ha reso con un linguaggio contemporaneo le tradizioni figurative del Paese slavo dove ha trascorso l’infanzia attraverso moderni arazzi pittorici in cui traspone il proprio mondo interiore. Le sue fiabe orientali, interpretate in chiave moderna, partono dal concetto occidentale della bellezza classica per poi deviare verso il fascino del mito dell’Europa dell’Est come astrazione del mondo interiore e dell’inconscio della pittrice.

Appaiono nelle tele di Desislava Gambino donne dai volti anonimi che indossano vestiti tradizionali slavi ma che si ripetono in una moltitudine di rappresentazioni identiche all’apparenza ma sempre differenti. La variazione di uno stesso soggetto da parte della pittrice è la concretizzazione della visione della complessità dell’essere donna, delle capacità di modularsi e variare da parte dell’individuo femminile.

Tali caratteristiche rendono il personaggio dipinto (Lazarka, figura mitologica slava) altamente simbolico e veicolatore dei messaggi interiori dell’artista che interpreta l’intero ciclo della vita attraverso metafore visive. II mondo delle visioni interiori non ha un corrispettivo reale delle impressioni che l’occhio umano riceve dall’ambiente ma è il luogo dove i simboli si rivelano e gli spiriti mitologici si avvicinano all’uomo. I momenti piacevoli affiorano dalle pennellate decise dell’agrigentina mentre qualcosa di nostalgico e sereno si fa spazio tra i meandri dei ghirigori colorati.

Osservando le tele di Desislava Gambino, sembra quasi di sfogliare un libro di fiabe slave ma la resa figurativa è moderna, quasi spiazzante perché tende da un lato al suggestivo e dall’altro preserva do un’interpretazione affrettata.

Nascosti dalla resa cromatica, dalla fissità dell’immagine tipica delle icone bizantine, i pensieri della pittrice si fanno spazio, lenti e silenziosi, alla portata di un osservatore attento e curioso che vi può scorgere il flusso della vita umana. (G.M.G)

UNA NUOVA STELLA di Adalgisa Biondi

Nel corso di AgrigentoArte 2008,  una delle più prestigiose manifestazioni d’arte in terra di Sicilia, la città di Empedocle e di Pirandello ha visto in diretta, la nascita di una “nuova stella” nel firmamento degli artisti agrigentini. Maria Grazia Desislava Gambino, figlia di uno dei politici della vecchia guardia agrigentina e di una docente di chimica proveniente dalla Bulgaria, pittrice e decoratrice, ha avuto la sua passerella durante la manifestazione, diventando uno dei principali e più innovativi protagonisti.

Desislava è il perfetto esempio, ed oggi con là globalizzazione ce ne sono sempre di più, di come dall’unione di culture diverse ne venga fuori un arricchimento a tutto tondo, di come da tradizioni e razze diverse si crei il bello non stereotipato oppure scontato, ma misterioso, nuovo.

Infatti Desislava Gambino dipinge con colori forti a metà strada tra la tradizione siciliana e quella orientare della Bulgaria, in un arcobaleno di tonalità e di nuance che provocano nell’occhio dell’interlocutore un estraneamento dalla circostante realtà per entrare in una dimensione mitica. La “Lazarka”, una figura bulgara di donna bellissima tra la storia e la fantasia, la leggenda ed il mito, è stata esaminata da Desislava in ogni mese dell’anno, mostrando come siano i colori e le ombre a dominare nella pittura e non il soggetto. Infatti, una stessa figura, si rinnova in ogni mese dell’anno diventando qualcosa di diverso, un’emozione dalla quale si gemmano dodici emo-zioni tutte con qualcosa di innovativo e di stupefacente.

Alla “Lazarka” ed a Desislava è stato proposto subito un Calendario (finalmente un calendario di buon gusto e non uno scempio della carne femminile come se fosse merce da bancone di supermercato!), e non ce ne stupiamo, avendo apprezzato a fondo le tele di Desislava Gambino. Agrigento, durante una manifestazione che è stata curata nei minimi dettagli mostrando come il sud, quando vuole, sappia essere “nord”, ha assistito in diretta alla nascita di una sua “nuova stella” che andrà ad arricchire il panorama artistico della mirica città e che andrà, ed è importante anche questo, a dimosrare che la Sicilia è costituita soprattutto di persone perbene, impegnate, eleganti, di certo ed appassionato talento, come Desislava Gambino.  – Adalgisa Biondi 

Contatti

Per informazioni, richieste di mostre o esposizioni potete inviare una mail a: info@desislavagambino.it

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